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Trippicella a Napoli. Cosa significa essere un Macellaio 3.0? Amore per il proprio lavoro, rispetto per la materia prima, grande capacità tecnica e nella selezione dei capi. Non solo. Essere un Macellaio 3.0 significa saper adattare un mestiere portato avanti da 4 generazioni e catapultarlo nel futuro, non solo attraverso un’adeguata comunicazione, ma soprattutto attraverso uno studio dei gusti della clientela e una scelta delle materie prime al passo con le tendenze della modernità, senza però perdere la genuinità che contraddistingue questo mestiere. Il nuovo corso di Antonio Di Sieno e di Trippicella, peraltro già sintetizzato agli albori dal maestro Luciano Pignataro nel 2016, parte da quì. Essere proiettati nel futuro, non nascondendosi dietro ad una scrivania o ad una tastiera, ma essendo ancor più vicini alla clientela attraverso il contatto diretto con la stessa.
La modernità in questo settore ha comportato la notorietà di moltissime tipologie di carne che ben presto hanno incontrato il gusto degli italiani ed in particolar modo dei napoletani, meno integralisti e più propensi ad adattare il proprio gusto alle caratteristiche delle carni estere. Una su tutte la carne di Kobe. Il manzo deve essere nato, cresciuto, allevato e macellato nella prefettura di Hyogo. Deve pesare meno di 460 chilogrammi, deve avere un grado di marmorizzazione elevatissimo nonchè deve essere di razza Tajima. Sotto l’aspetto nutrizionale, i grassi, sebbene presenti in quantità notevoli, anche oltre il 20%, hanno una elevata componente di polinsaturi che non concorrono all’aumento del colesterolo. Insomma una panacea per chi desidera badare alla salute senza rinunciare a cibarsi di carne grassa. Non posso che confermare l’estrema qualità del Kobe degustato da Trippicella.